Neet, il primo convegno nazionale alla Cattolica di Milano

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Si è concluso il 4 novembre all'Università Cattolica di Milano, il primo convegno dedicato ai Neet, i giovani che non lavorano, non studiano, non sono inseriti in percorsi di formazione. Un fenomeno in costante aumento.


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Redazione di Educaweb.it

Il 3-4 novembre l'Università Cattolica di Milano ha dedicato un convegno nazionale ai Neet per comprendere il fenomeno e fare proposte per arginarlo. In Italia molti giovani si trovano, all'uscita dal sistema formativo, carenti di adeguate competenze e sprovvisti delle esperienze richieste dalla aziende. Molti altri, pur avendo elevata formazione e alte potenzialità, non trovano posizioni adeguate alle loro capacità e aspettative per la bassa qualità del lavoro e valorizzazione del capitale umano del sistema produttivo italiano.

Chi sono i Neet?
I Neet (acronimo di "not in education, employment or training") sono persone che rischiano l'esclusione da una società in cui non trovano spazi di integrazione. Vivono grazie ai redditi familiari, spesso pensioni dei genitori, e non sperimentano spazi di progettualità per la loro vita. Un'enorme perdita per l'intera società, dal momento che si parla del 25% dei giovani tra i 15 e i 29 anni, un milione e mezzo di persone, fascia di popolazione rilevante che ha un notevole peso sociale.

Ma da dove si origina il fenomeno? Scarsità di offerta di posti di lavoro, preparazione scolastica non in linea con le competenze richieste dal mercato del lavoro, scarsa trasparenza dei titoli di studio, e quindi scarsa possibilità di comprendere in base al titolo le reali competenze del giovane. Questi i motivi alla base di un fenomeno chiaramente eterogeneo ma con alcuni motivi di fondo.

Una fragilità del nostro sistema formativo e delle professioni che si ripercuote sullo stato emotivo di un'intera generazione, che si ritrova sfiduciata e privata di un senso di iniziativa e di efficacia.

Molti i giovani carenti di adeguate competenze, ma molti anche quelli che risultano troppo competenti per il mercato del lavoro. Anche se ad approfondire la questione si scopre che i supercompetenti, alla prova pratica, sono poi molti meno di quanto sembri guardando solo ai titolo di studio.

Autostima, autoefficacia
Elena Marta, docente di Psicologia sociale e di comunità all'Università Cattolica di Milano, descrive i Neet come ragazzi sfiduciati rispetto alla propria vita, alla progettualità futura, e afferma che è "importante incoraggiare questi ragazzi e aiutarli ad acquisire un senso di autostima più elevato di quella che hanno, e consentire loro di sperimentarsi in situazioni che gli consentano di aumentare l'autoefficacia. Questi ragazzi devono essere aiutati ad accedere a situazioni e contesti protetti in cui potersi mettere alla prova per acquisire competenze, in cui qualcuno possa sostenerli in questo processo; e in questi contesti possano imparare a comunicare in modo chiaro, a relazionarsi con gli altri, ma anche a valorizzare quelle che sono le loro potenzialità e capacità."

Riconquistare fiducia nei confronti delle proprie potenzialità e della propria autoprogettualità dunque: quando si invitano i giovani ad accettare esperienze di tirocinio, a sperimentarsi nel volontariato, non significa invitarli a farsi sfruttare, ma a mettersi in gioco, perché i maggiori apprendimenti su se stessi non avvengono nel chiuso di una stanza, ma nelle relazioni, nel fare, nell'aprirsi al mondo. Sei dunque un Neet? Esci di casa, incontra le persone e le associazioni che fanno cose che ti piacciono. Comincia così, un passo segue l'altro.

Dal punto di vista delle istituzioni...
Ma la questione non è solo individuale naturalmente. Cosa fanno le istituzioni per arginare questo fenomeno? Il problema è come intercettare questi giovani, che stanno molto in casa e sfuggono a qualunque contesto aggregativo. Si tratta dunque di proporre servizi di orientamento efficaci che incanalino i giovani all'uscita dai percorsi di formazione e nei momenti di transizione.

Perché il rischio è il ritiro sociale, il chiudersi nella propria cameretta con un computer, magari un po' di libri, e non trovare più sbocchi per incontrare il mondo per davvero, non solo attraverso uno schermo. Grandi fragilità possono nascondersi dietro questo ritiro sociale, che va contrastato, creando spazi aggregativi dotati di significato, e con politiche attive (come Garanzia Giovani, ma serve di più) per migliorare l'incontro tra domanda e offerta di lavoro, anche con le esperienze di tirocinio, ma anche la migliore definizione dei titoli di studio, e un sistema di formazione professionale più efficiente e capillare.